Crollo del ponte
Morandi di Genova (Il poeta con sofferenza “tratteggia”
il drammatico evento)
Genova, 14
agosto 2018 ore 11,36.
Giornata di
pioggia incessante e violenta
con fulmini folgoranti e tuoni rombanti.
Sull’autostrada
A10 i veicoli passano veloci
per la
fretta di giungere a destinazione.
Ma
d’improvviso un tratto del viadotto collassa
e crea un
vuoto per centinaia di metri
con due
monconi terminali sospesi.
I materiali
del ponte e i veicoli inghiottiti,
piombano
fragorosamente sul fiume Polcevera
sulla linea
ferroviaria e sulle case sottostanti.
Tutto si
contorce, si rompe e si mischia:
un ammasso
apocalittico di macerie
intrise del
sangue delle decine di vittime e feriti.
Si sente l’urlo straziato di una donna,”Oh Dio santo”.
I cittadini
guardano il gigante spezzato increduli,
poi sgomenti e atterriti.
Vagano come
fantasmi ripetendo “Non c’è più il ponte”.
Dentro di
loro lo strazio per le persone
travolte e per la perdita delle proprie cose.
E l’ansia
per l’esito dei soccorsi: delle cure ai feriti
dell’assistenza
ai sopravvissuti e
della messa in sicurezza di quanto pericolante.
Una immensa tragedia e una immensa sofferenza
… e da
domani le vicissitudini della
ricostruzione!
Tronati Bruno
(17/agosto/2018 – Diritti riservati )